Intervista

Super Io: Buongiorno Abela

Gianfranco Abela: Buongiorno a lei, ma...direi di darci del tu, in fondo siamo imparentati..un poco.

SI: Sì, in fondo, in qualità di Super Io rappresento il tuo giudice, un vero spirito critico, auto critico, ergo faccio la parte del critico d’arte.

GA: Un modo molto sbrigativo per attribuirsi certi ruoli, ma comunque se non c’è niente di meglio a disposizione su piazza, non perdiamo tempo in quisquiglie e vai con le domande.

SI: Tu non sei molto noto al grande pubblico e agli addetti ai lavori per cui come ti definiresti, riesci a collocarti in qualche corrente artistica contemporanea o ti rifai al passato, alle avanguardie, insomma che cacchio fai?

GA: Ti pregherei di tenere un atteggiamento più consono al ruolo. Comunque premesso che l’unico pubblico a cui sono noto sono parenti e amici stretti e presso gli addetti ai lavori sono sconosciuto, diciamo che tu sei l’unico, diciamo critico, che mi conosce e ha l’onore di intervistarmi. Se dovessi collocarmi, tanto per dare qualche coordinata o dritta che dir si voglia a chi non ha mai visto alcun mio lavoro, mi definirei un “neo surrealista”.

SI: Ma.. del Surrealismo hai rinnovato i contenuti? lo stile? le motivazioni?

GA: Mi definisco in quel modo solo per comodità! Non mi sono rifatto ad un bel niente. Ho deciso qualche anno fa di dedicarmi nuovamente alla pittura, come dico nella mia autobiografia, con la scoperta dell'acrilico e di un metodo creativo che mi soddisfa pienamente e se per caso ripete ciò che altri hanno fatto questo è del tutto casuale e non mi preoccupa poi tanto. Non ti nascondo però che i lavori dei surrealisti sono vicini ai miei, ma i miei li ritengo portatori di varie originalità. Mi piacerebbe, se hai tempo e voglia di stare a sentire come costruisco i miei lavori, raccontarti quale è la genesi delle miei opere.

SI: No problem, ho tutto il tempo che vuoi basta che Lui sia d’accordo.

GA: Lui chi?

SI: Dai non fare lo gnorri, l’Ingegnere no!

GA: Ti ho già spiegato varie volte che l'Ingegnere..a proposito ci sei ingegnere?

SI: Dai non fare il timido so che sei li a spiare...Se ci sei batti un colpo

COORDINATORE: Scusate se mi intrometto, vi ricordo signori che l’ingegnere è in ferie e comunque se anche fosse qui tra noi, lui in qualità di alter ego dell’artista quando c’è lui non c’è l’artista e viceversa, non sono molto compatibili i due personaggi, sono come il dottor Jeckill e mister Hide.

SI: Che palle il signorino COO deve sempre intromettersi.. gli scateno una crisi di panico che lo metto a posto subito e si infila subito nel primo pronto soccorso con le palpitazioni a 1000...

GA: buono SI, se non ci fosse COO a coordinarci tutti staremmo freschi!! E poi lui è quello che sta scrivendo, noi siamo tutti solo dei personaggi virtuali, serviamo solo ad uno scopo.

SI: Quale? E a chi ti riferisci con tutti?

GA: Non fare il finto tonto, stiamo introducendo l’artista che in fondo è tutti noi messi insieme e poi per te “Uno, nessuno, centomila” di Pirandelliana memoria non significa nulla?

SI: Quanti Abela, Abela virtuali intendo, ci stanno ascoltando?

GA: La nostra degli Abela non è una comunità molto numerosa, anzi direi sparuta, ma molto solidale, quando una delle personalità vuole emergere trova piena solidarietà e sostegno da parte di tutti gli Abela, quelli interni, perché all’esterno c’è appena l’aura..

SI: Ah la solita aura da new age, intorno a chi?

GA: Ma cosa hai capito L’Aura mia figlia, anzi nostra figlia

SI: Ah si la cantante dall’ugola d’oro...

GA: Ma non divaghiamo torniamo a bomba, Il CCO in fondo è un bravo ragazzo, quello che ci coordina tutti quanti ma torniamo all’argomento fondamentale dell’intervista. Per evitare divagazioni ti dirò, caro SI, io mi considero solo un artigiano, non certo un artista.
Platone diceva che gli artisti visivi non erano virtuosi perché imitavano le ombre delle vere idee, cioè della realtà, cioè facevano la copia di una copia, mentre gli artigiani creavano direttamente da un idea, un falegname fabbrica un tavolo partendo dall’idea del tavolo, quindi loro erano più degni di rispetto. Ecco perché è meglio essere artigiani che artisti. E poi l’arte è una pura invenzione una gran bufala e bufalini quelli che si atteggiano a grandi artisti. Sai perché Cattelan mi è simpatico, e soprattutto il papà di tutti i contemporanei, Duchamp?

SI: No !

GA: Non hanno mai nascosto che un po’ prendono per i fondelli il pubblico, ma lo fanno con ironia e simpatia.

SI: Non divagare, torniamo al Tao, al percorso...Artistico, anzi artigianale che hai intrapreso.

GA: Si finora abbiamo solo cazzeggiato, le miei opere, frutto di un lavoro faticoso con pochissima ispirazione e moltissima traspirazione, nascono da innumerevoli schizzi che solitamente vergo (faccio notare la raffinatezza anche un po’ erotica del termine) con la mano sinistra, senza essere mancino, mentre guardo la TV, dopo cena.

SI: Perché usi la mano sinistra senza essere un mancino?

GA: Mi sono sforzato di usare la mano sinistra perché dipende dall’emisfero destro del cervello, il più creativo e in effetti i primi scarabocchi che producevo, a causa della scarsa disinvoltura con la sinistra, erano comunque molto più originali degli schizzi fatti con la molto più abile mano destra. Ora mi posso permettere con la sinistra la stessa disinvoltura che ho con la destra, dopo un paio d’anni di esercizio.
Poi le migliaia di schizzi che produco giornalmente e che chiameremo entità, diciamo creatività allo stato embrionale, sonnecchiano in una cartella per qualche mese finché la suddetta non è abbastanza gonfia. A questo punto procedo ad una cernita, solitamente scarto oltre i 2/3 delle entità e le prescelte, diciamo le Miss, finiscono in un album a decantare.

SI: Comincio a capire il legame che hai con il surrealismo, la volontà dell’artista è superata dalla casualità, realizzando uno degli obiettivi fondamentali del surrealismo: la creazione casuale, automatica, avulsa da ogni progettualità. L’automatismo psichico, la libera associazione delle idee sono un altro fondamento surrealista..l’arte come mezzo per trasporre sulla tela immagini oniriche e deliri dell’inconscio, paure e angosce attraverso immagini dal significato simbolico...

GA: Dai non sbrodolare sapienza a buon mercato!! Ti ho visto che stai leggendo un libro d’arte.. non è farina del tuo sacco, ma fammi finire il discorso se no perdo il filo.. ero rimasto che le entità decantavano, quando poi decido di iniziare un nuovo lavoro sfoglio l’album e, intorno alle entità che più mi colpiscono in quel momento, "costruisco un progetto", a volte combinando altre entità del mio album in modo da costruire una Identità, fare emergere un significato.

SI: Quindi non parti da una tua idea, o da un fatto di cronaca o dalla interpretazione grafica di immagini del mondo esterno, ma la tua ispirazione trae origine da quei disegni, tipo, che si fanno inconsciamente mentre si telefona...

GA:..come quando guardando le nuvole si cerca di indovinare a cosa potrebbero somigliare. Il gioco delle nuvole è solo l’inizio, riflettere sulle mie entità, mi da il là per iniziare una serie di induzioni, cioè intuizioni e non deduzioni logiche, che sono roba da emisfero sinistro del cervello, che mi portano al lavoro finito, ma il processo è lungo. La genesi di una mia opera, il metodo o meccanismo di crescita del lavoro, è basato sul concetto che il lavoro deve "emergere" e prendere vita così come la vita è nata milioni di anni fa da un aggregazione complessa di molecole di materia inanimata... e l’inconscio è comunque la genesi di tutto questo, il pentolone nel quale cuociono tutti gli ingredienti..

SI: Ti blocco un attimino, parli di inconscio con il sovrano dei sensi di colpa, il papà dei conflitti irrisolti, il padrino dei complessati...

GA: Si ma io vado molto più in profondità fino alle origini del mito, all’archetipo, poi ti dirò, ma fammi finire il discorso non interrompermi sempre!! Dicevo che la teoria del Caos ci porta a considerare che al di là di una certa soglia di complessità e in condizioni ambientali propizie la vita emerge ed è quindi una "proprietà insita nella materia inanimata", non è qualcosa al di fuori di essa. Siamo figli delle stelle come diceva Alan Sorrenti, per fare una citazione colta...

SI: Siamo sicuri che non sto parlando con l’ingegnere che è tornato dalle vacanze e che parla di scienza del cavolo? Lo sai che io e la scienza siamo come il diavolo e l’acqua santa.

GA: No, a parte che l’ingegnere è molto sui generis... non aspettarti il tecnico che sa tutto di tecnologia..., anzi credo usi la creatività per tamponare le sue lacune di mentalità tecnica.. ma tornando al mio metodo, tutto il ciclo delle fasi che mi portano al prodotto finale serve a far emergere, dare un senso a un aggregato di entità per dar vita a qualcosa che dormiva nel cervello rettile che tutti abbiamo.

SI: Rettile sarai tu, e biforcuta la tua linguaccia.

GA: Che ti vada o no, negli angoli più reconditi e arcaici dei nostri cervelli ci sono tutti gli strati di software (cultura e apprendimento) che è diventato firmware, cioè parte di noi stessi, (e non ce ne accorgiamo neppure della loro esistenza, come se fossero istinto). Dicevo che da un aggregato complesso fatto da varie entità completate con qualche figura esterna e un ambientamento spaziale (con relativa ricerca dell’illusione tridimensionale), iniziano i miei tentativi fatti con cartoni e matite e tanto disegno, per far emergere la prima cellula che abbia una sua Identità.

SI: Ci mancava solo l’Abela biologo.

GA: Certamente, da tante entità inanimate come fossero degli atomi, si deve creare una molecola e da tante molecole condite con un po’ di ingredienti esterni e posizioni spaziali ecc. deve nascere una cellula cioè si passa dalla chimica alla biologia. Questa è la parte più difficoltosa, l’identità che vado cercando (spesso lavoro contemporaneamente su almeno 5 soggetti/aggregati) ad un certo punto sento che emerge, lo sento perché compare, almeno a me chiaro un messaggio, un sentimento preciso o una breve narrazione che prende vita.

SI: Più che biologo mi sembri il dott. Frankestein.

GA: Li intervengo io con la mia capacità di far emergere l’archetipo e renderlo fruibile ad altri, io faccio da levatrice di ciò che emerge da un substrato comune, non mio, patrimonio dell’umanità intera, io sono solo un tramite...

SI: Stai prendendo il volo? Artigianello?

GA: OK grillo parlante...a questo punto definito il disegno/aggregato con la sua identità devo completarlo con il colore. Faccio il bozzetto colorato sempre su cartone e questo mi porta a fare aggiunte o a togliere cose superflue. Sono a buon punto, ma ora bisogna riportare il tutto su un pannello di compensato opportunamente trattato con gesso acrilico (generalmente oltre il metro per metro). Sul pannello riproduco solo il disegno inizialmente con un colore che sarà quello dominante in base al bozzetto colorato. Uso il pennello da subito e poi amalgamo le varie parti del disegno in modo da avere subito una impronta stilistica omogenea. Faccio precedere la fase di disegno su panello da una serie di studi che partono generalmente da fotografie che faccio su me stesso con autoscatto o su mia moglie o su oggetti che mi servono a completamento del lavoro. Sebbene non cerchi assolutamente il realismo, le mie figure spesso non corrispondenti a nulla di reale ne di umano ne di animale o vegetale o artefatto, devono tuttavia avere una loro credibilità, per intenderci non possono essere delle figure alla Picasso cubista, con tutto il rispetto per il grande Pablo. Per dare credibilità a queste figure, le realizzo tramite studi preventivi poi le amalgamo per ottenere una cifra stilistica omogenea come dicevo dianzi.
Quando il disegno ha una sua solidità e sostenibilità, passo al colore che riporto in fasi successive, con successive velature. La cosa bella dell’acrilico è che ti consente quelle velature che non mi sono mai potuto permettere quando dipingevo ad olio per mancanza di tempo.

SI: Che noia, le velature !! Roba da Rinascimento.

GA: Taci, il Rinascimento ha tanto da insegnarci..ma per favore, fammi andare avanti, Dov’ero rimasto, ah si, l’ingresso del colore, dal bozzetto al pannello, nel divenire dell’opera, spesso mi si scompagina la situazione. Già la fase di ricostruzione del disegno sul pannello portava a scompensi, mancanze di equilibrio, insoddisfazioni che mi portavano a correggere rispetto al cartone di 30 per 30 centimetri circa. Con l’aggiunta del colore intervengono generalmente altre modifiche anche se faccio un bozzetto colorato preventivo per decidere che colori usare, poi alla fine riportando il tutto nelle dimensioni definitive mi accorgo che devo fare modifiche anche al colore, anche se parziali. In genere non uso più di quattro colori e gli altri li ottengo per combinazione.

SI: E’ tutto un divenire, che casino!

GA: Ma non sono modifiche radicali, una pennellata che di istinto mi viene naturale per aggregare mi suggerisce delle aggiunte o delle modifiche e questo è ancor più evidente e frequente appunto quando inizia la fase dell’aggiunta del colore. Ormai la cellula é pronta a vivere la sua vita autonoma e lei stessa mi suggerisce partendo dal suo DNA ormai costituito come costruire le parti e il colore del suo "corpo" definitivo e io eseguo cercando di portare il mio modesto contributo tecnico, di autodidatta...

SI: Umh mi sembra che mi stai descrivendo un’esperienza da new age, da illuminato sotto l’effetto della mescalina, alla Jodoroski, dove sta la traspirazione operaia che rivendicavi?

GA: E la rivendico ulteriormente sai che lavoro c’è, ore e ore, qui l’ho descritto in poche parole ma ci vogliono giorni. Rivendico anche di essere semplicemente il "pennello dell’universo" che ha deciso di esprimersi utilizzandomi e non violentandomi, perché mi presto con soddisfazione allo scopo perché mi distrae dai loop negativi che l’ingegnere sparge intorno a sé influenzandoci tutti con la sua attività del cavolo!!!!
Non partendo mai con un soggetto ben preciso in testa, un punto d’arrivo, il mio viaggio è il gusto del viaggio, anche con tappe accidentate, incazzature e se me lo gusto so che quando arriverò il mio approdo sarà il migliore degli approdi, questa è la sensazione di pennello dell’universo che provo... E’ sbagliato partire con troppi obiettivi in mente, ogni opera deve essere un viaggio senza meta ,una meta che trovi mentre viaggi.
Riepilogando osservo cosa passa il convento, nel mio album, e come quelli del last minute, che aspettano in aeroporto un occasione, poi quando arriva prendo al volo l’aereo... Anche nella realtà io non prenoto mai le vacanze, le decido solo all’ultimo momento, e sono quasi sempre molto avventurose...Insomma in sintesi brousero le mie entità, comincio a separare quelle che vogliono essere fecondate dalla sua creatività...

SI: Di chi ?

GA: dell’universo no (io sono il suo strumento), vedi che non stai attento!! comincio a manipolarle e ad aggregarle e scelgo le combinazioni che più mi ammiccano, che attirano maggiormente la mia attenzione... e da lì parto a costruire la prima cellula o la prima tappa del mio viaggio a seconda della metafora che più vi piace.

COO: Non ho voluto interrompere questa dotta, affascinante e logorroica esposizione, ma a proposito del lavoro del cazzo dell’Ingegnere sarei un po’ meno caustico se fossi in te, visto che l’ingegnere infondo ti mantiene e bene, te la tua signora e tutti voi.

GA: OK, OK, non volevo essere offensivo in fondo ci si aiuta tutti quanti, tornando alla genesi del lavoro mi sono preso la briga di documentare con foto digitali l'evolversi e la crescita dell’identità fino alla sua completa maturazione per capire quante modifiche ho apportato. Un artista contemporaneo potrebbe avere la grande idea di presentare la sequenza di questo divenire come il lavoro originale dando così maggior importanza al procedimento che al lavoro finale. Ma essendo io un povero artigiano, mi accontento di usare queste tecnologie solo come strumenti per affinare il mio metodo che è comunque quello di produrre un lavoro soddisfacente che ha come scopo un prodotto finito e non un idea o un procedimento per attuarla.

SI: Ma che stai addii, vorresti convincermi che l’opera d’arte contemporanea consisterebbe nel mostrare il procedimento che si è usato per ottenerla?

GA: Fai finta di non saperlo? Vecchio volpone, ma poi questa idea non è da scartare forse la sfrutterò per una installazione che ho in mente. In fondo sono molto tradizionalista anche perché non ho abbastanza tempo e voglia per usare ad esempio ologrammi o altri artifizi tecnologici, contaminazioni audio visive ecc., per il momento.

SI: E poi mi sembra che a parte l'acrilico ormai molto diffuso i tuoi lavori mi sembrano confezionati in modo abbastanza classico, alla fine fai dei quadri, non trovi? Non vedo delle grandi novità all'orizzonte. E poi con questa scusa che sei il pennello dell’universo (..ma per l’universo ci vuole un grande pennello, mi viene da dire parafrasando un noto spot pubblicitario) mi sembra invece che ti deresponsabilizzi di fronte alla quotidianità, i fatti storici, la politica non conta per te?

GA: Il mondo che mi circonda conta eccome, ma non mi interessa metterlo nei miei lavori. Nella mia lunga pausa sabbatica dalla pittura credo di avere assimilato e digerito tanto inconsciamente e ora è tempo di buttar fuori quello che mi si è sedimentato dentro. Ciò che mi ha spinto a riprendere la tavolozza che avevo metaforicamente appeso al chiodo qualche decennio fa è proprio il metodo che ti ho appena raccontato che mi ha portato a raggiungere dei risultati ai miei occhi alquanto soddisfacenti.

SI: Questo non significa che possano essere soddisfacenti per altri! Però non voglio essere troppo supercritico, in quanto interprete di lavori di arte contemporanea, di mediatore, operatore ermeneutico per dirla in politicallicorrettese, trovo effettivamente i tuoi lavori attraenti dal punto di vista coloristico, originali nel loro impatto tra il figurativo simil-pop ed un surrealismo scherzoso ed ironico e con quella giusta dose di ambiguità, anche se poco originali nel metodo e nei mezzi usati..., non sono installazioni!

GA: Ti ringrazio per gli elogi, e prendo atto delle critiche, non mi era mai successo di essere soddisfatto dei miei lavori fatti in passato, ora lo sono. Poi per rispondere alle tue osservazioni preferisco temi universali, so’ ‘r pennello de l’universo, non posso occuparmi di minuzie come la guerra in Irak o la preoccupazione del Berlusca per Alitalia, temi come l’invidia o la gelosia sono più eterni, vado sempre cercando l’icona in ogni mia opera, a volte credo di averla trovata a volte no, quella che fa vibrare...

SI: Adesso mi fai anche il pornografo?

GA: In un certo senso si, titillo l’anima... Cerco l’icona che susciti da una sensazione visiva ciò che suscita un pezzo musicale, che ti fa muovere, agitare o ti fa contemplare le tue sensazioni, ti fa venire i brividi. Ne discutiamo spesso con mia figlia, operatrice della creatività musicale.

SI: Ah già! Elle apostrofo Aura

GA: I suoi migliori pezzi, almeno per me, toccano certe corde, che mi mandano in risonanza, ti fanno venire i brividi e questo non è facile costruirlo a tavolino, prevederlo,.. ma bisogna soprattutto ascoltarsi molto.. le voci che ci parlano, o ci cantano o ci raccontano o, come nel mio caso andare a catturare le immagini che mi vagano dentro in fondo sono comuni a tanti di noi, ma io devo essere capace di farle emergere e condividerle e se sono quelle giuste mettono in moto una danza tribale..., e qui torno al mio procedimento che a me sembra originale...

SI: Si ho capito, mi stai facendo il palloncino che vola verso i cieli.. Vieni giù dal fico e raccontaci qualcosa anche degli spazi in cui si muovono queste identità che si sono ritrovate.

GA: Il mio spazio è immaginario, con piani che si intersecano con volumi che scivolano verso ambientazioni astratte. Le luci provengono da più lune o soli con varia direzione e intensità a secondo del volume che voglio mettere in evidenza. Le ombre possono avere una loro vita autonoma e indipendente dai corpi che le hanno generate e indipendenti da qualsiasi legame con la luce che le fa vivere. Vado alla ricerca di un identità, di un significato che era andato perso a scapito del ragionare sul medium (vedi Greenberg) assurto lui stesso ad arte e a significato ultimo.. io il significato ultimo lo vedo incarnato nell’icona che fa visivamente vibrare chi la guarda, vorrei ,senza fare della pornografia, attirare con la stessa intensità con cui gli amanti del genere si godono un hot movie...

SI: Certamente, ma il tempo è tiranno come si suol dire, dobbiamo stringere. Quali sono i criteri valutativi ai quali ti attieni per fabbricare le tue opere? Sono i vecchi criteri di bellezza, bravura tecnica, verosimiglianza, armonia, oppure vuoi colpire con l’inconsueto,..!!

GA: Ti devo dire che l’armonia compositiva mi interessa, non mi interessa la verosimiglianza sebbene sia un figurativo, ma mi interessa la credibilità, ma poi l’ambiguità e l’ironia sono gli aspetti che mi interessano di più...il disincanto...cerco colori accattivanti, una certa cura nell’esecuzione e una certa immediatezza nel colpire ed essere anche abbastanza originali. Non faccio mai lavori inquietanti, alla Fussli, se devo parlare di argomenti inquietanti come nel mio lavoro intitolato "Paranoia" mi servo sì di immagini forti, ma gli giustappongo altre immagini grottesche, più ironiche come la testa che cammina con il cervello scoperto che rappresenta la razionalità...

SI: Poi se uno crede a tutte le stronzate sull’emergenza e le entità che hai detto prima ti sei creato la giusta AURA, cioè L’Aura che serve ad un tipo come te per essere credibile e il gioco è fatto!! Voilà l’artiste.

GA: L’hai detto tu.

SI: Ma ora cosa ti proponi di fare oltre a sparare lavori a mitraglia.

GA: Hai detto bene sono in un periodo creativo notevole e sembra che i lavori emergano senza sosta, ora mi serve visibilità per poterli collocare e per questo ho deciso di creare un mio sito internet. Cerco colleghi "artigiani della comunicazione visiva" con cui condividere un mio percorso, con cui confrontarmi.

SI: Ma hai 60 anni!!

GA: Lo so ma si vede che l’aver girato l’interruttore per più di vent’anni mi ha fatto guadagnare in maturità, consapevolezza nei miei mezzi e poi soprattutto indipendenza economica!!! Perché ora non sono obbligato a vendere per vivere, ma voglio vendere per soddisfazione.

SI: Ah perché vuoi vendere i tuoi lavori!

GA: Certamente e per questo voglio approcciare se sarà possibile collezionisti, galleristi, mercanti critici professionisti.. Ho la casa piena dei miei lavori e mia moglie, se almeno non riesco a venderli, li scambierebbe con altri lavori, di altri artisti!!

SI: Beh da critico superprofessionista ti auguro in bocca al lupo, non sarà facile, ma ti vedo determinato!!